“Schindler’s List non è mai stato una cura per l’antisemitismo. È stato un promemoria dei suoi sintomi.”
Steven Spielberg
In The Fabelmans – la bellissima autobiografia di Spielberg – viene raccontato come le origini ebraiche del regista hanno influito sulla sua vita. I suoi parenti in Europa sono morti in Polonia e in Ucrania durante il nazismo e anche in America, ovunque lui si spostasse, veniva tormentato a causa del suo essere ebreo.
Per questo Schindler’s List è un film importante per lui. L’unico film a cui teneva così tanto da innervosirsi per qualsiasi giudizio e impedire a famiglia e amici di dirgli cosa ne pensassero dopo averlo visto. Talmente importante da rinunciare ad ogni compenso e usare i suoi introiti per fondare la Survivors of the Shoah Visual History Foundation, associazione che registra e preserva le testimonianze dei sopravvissuti al genocidio.
Immaginate quindi che enorme soddisfazione sia stato l’Oscar vinto per il film, esattamente 30 anni fa (a Febbraio del 1994). Gli Oscar per la precisione, perché ne ha vinti ben 7 (su 12 nomination): Miglior Film, Miglior Regista, Miglior Sceneggiatura non originale (Steven Zaillian), Miglior Fotografia (Janus Kaminski), Miglior Scenografia (Allan Starski e Ewa Braun), Miglior Colonna Sonora (John Williams, e pensate che quando Spielberg gli propose di creare la colonna sonora e gli mostrò il film, lui ne rimase talmente commosso che ci mise qualche minuto per riprendersi. Alla fine disse al regista che non sarebbe stato all’altezza e di cercare un compositore migliore. Spielberg rispose “Lo so, ma sono tutti morti” e così Williams accettò) e Miglior Montaggio (Michael Kahn). Ad oggi è considerato uno dei migliori film della storia del cinema, nel 2004 è stato scelto dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti per essere conservato nel National Film Registry (una selezione di film “culturalmente, storicamente o esteticamente significativi” scelti dal National Film Preservation Board) e nel 2008 è stato inserito all’ottavo posto dei migliori cento film statunitensi dall’American Film Institute (fu inserito dieci anni prima al nono posto, migliorando poi la sua posizione).
L’importanza che ha per Spielberg il film è legata non solo ai temi trattati ma soprattutto al fatto che si tratta di una storia vera ed è basato sul libro omonimo dello scrittore australiano Thomas Keneally (il titolo originale del libro è Schindler’s Ark).
Nell’ottobre del 1980, Keneally si trovava a Los Angeles ed entrò in un negozio di pelletteria a Beverly Hills. Il proprietario del negozio era un certo Leopold Page, alla nascita Poldek Pfefferberg, uno degli “ebrei di Schindler”, che da anni tentava di raccontare la storia di Oskar Schindler a sceneggiatori e scrittori affinché la mostrassero al mondo intero. Così quando sentì che Keneally era uno scrittore, gli raccontò subito tutta la storia mostrandogli anche tutti i documenti che aveva su Oskar Schindler e quanto era successo. Lo supplicò per quasi un’ora ma alla fine lo convinse a scrivere il romanzo. Divenne suo consulente e Keneally gli dedicò il libro, scrivendo che: “con zelo e perseveranza ha fatto sì che questo libro venisse scritto”. Nel film, Poldek è interpretato da Jonathan Seagall.
Successivamente alla pubblicazione e sfruttando la sua conoscenza con la madre di Spielberg, Pfefferberg tentò di convincere il regista a produrre il film. All’inizio infatti Spielberg doveva essere solo il produttore e vennero contattati altri registi ma rifiutarono tutti, compreso Roman Polanski, sopravvissuto all’olocausto, dato l’argomento troppo personale. Fu così che Spielberg prese anche la regia dell’opera e dietro le telecamere, ha diretto magistralmente attori all’epoca ancora poco conosciuti – volutamente scelti così da Spielberg, affinché la fama dell’attore non mettesse in ombra la storia – ma che hanno dato vita a interpretazioni memorabili. Ralph Fiennes si era calato talmente bene nella parte di Amon Göth che quando i Pfefferberg lo hanno visto, si sono sentiti di nuovo come davanti il vero Göth e hanno avuto dei sussulti di paura. Allo stesso modo, Liam Neeson mostra la complessità di un personaggio come Oskar Schindler in tutte le sue sfaccettature: difetti, debolezze, i cambiamenti che affronta dopo aver assistito in prima persona all’orrore del nazismo, passando da uomo avaro interessato solo ai soldi all’altruista salvatore di migliaia di vite.
Il film è ambientato a Cracovia e inizia nel 1939 con la costrizione degli ebrei polacchi nel ghetto della città. Oskar Schindler, membro del partito nazista di origini cecoslovacche, arriva in città sperando di fare fortuna. Corrompe gli ufficiali della Wehrmacht – le forze armate tedesche – e delle SS, acquistando una fabbrica per la produzione di smalti. Per gestire l’amministrazione e organizzare i finanziamenti, assume Itzhak Stern, un funzionario ebreo con molti contatti tra gli operatori del mercato nero e gli imprenditori ebrei, il quale si assicura che il maggior numero possibile di lavoratori ebrei sia ritenuto essenziale per lo sforzo bellico tedesco ed evitare così che vengano portati nei campi di concentramento. Nel frattempo, Schindler mantiene relazioni amichevoli con i nazisti e si gode la sua nuova ricchezza, che sembra essere il suo principale interesse, e il suo status di industriale.
L ‘SS-Untersturmführer Amon Göth intanto arriva a Cracovia, per supervisionare la costruzione del campo di concentramento di Plaszów e appena è pronto, ordina la liquidazione del ghetto: duemila ebrei vengono uccisi per le strade dalle SS e altrettanti vengono deportati al nuovo campo. Schindler assiste al massacro insieme a una delle sue amanti e ne rimane profondamente turbato. Nota in particolare una bambina col cappotto rosso, che osserva prima nascondersi dai nazisti e poco dopo rivede il suo corpo su un carro di cadaveri.
Questa scena e la bambina con il cappotto rosso sono diventate il simbolo del film. Spielberg ha fatto questa scelta per due ragioni: la prima è stilistica. L’unico colore in tutto quel bianco e nero, serve a indicare l’individualità delle vittime del nazismo. Non sono “gli ebrei” ma persone, singole persone morte per un’atroce follia.
La seconda ragione, è per raccontare una storia vera. La bambina col cappotto rosso è esistita davvero: si tratta di Roma Ligocka, una sopravvissuta del ghetto di Cracovia, conosciuta dalla gente proprio per il suo cappottino rosso che la contraddistingueva. All’epoca aveva due anni. Oggi vive in Germania, fa la pittrice e ha scritto un libro per raccontare la vita nel ghetto, dal titolo “La bambina col cappotto rosso”.
Nel film è interpretata da Oliwia Dabrowska, che all’epoca promise a Spielberg che non avrebbe visto il film prima dei 18 anni. Ruppe la promessa guardandolo quando ne aveva 11. In un’intervista successiva dichiarò di aver realizzato di aver fatto parte di qualcosa di importante ma che il regista aveva ragione: avrebbe dovuto attendere di essere più grande per vedere il film.
Grazie alla corruzione di cui faceva largo uso, Schindler mantiene l’amicizia con le SS e con Göth, che nel frattempo si diverte a brutalizzare la sua cameriera ebrea e a sparare a caso alle persone dal balcone della sua villa, facendo temere costantemente i prigionieri per la loro vita.
Schindler invece pensa sempre meno a fare soldi: inizia a tenere di più a salvare quante più vite possibili, per questo chiede a Göth di costruire un sottocampo nella sua fabbrica. Siamo nel periodo in cui iniziano poi le sconfitte per la Germania e a Göth viene ordinato di spedire gli ebrei di Płaszów al campo di concentramento di Auschwitz. Schindler chiede quindi il permesso di trasferire i suoi operai nella fabbrica di munizioni che sta costruendo a Brünnlitz. Göth accetta dietro pagamento di una grossa tangente e Schindler prepara, insieme a Stern, la lista delle persone da trasferire a Brünnlitz anzichè ad Auschwitz: una lista di 1100 nomi, quelli che diventeranno “gli ebrei di Schindler”.
Gli uomini vengono subito trasferiti nella nuova fabbrica ma a causa di un errore, donne e ragazze vengono erroneamente trasportate nel campo di Auschwitz. Schindler è costretto a corrompere il comandante del campo, Rudolf Höss, per farle rilasciare e riportare alla fabbrica. Una volta che sono tutti qui, Oskar proibisce alle SS di entrare nell’area di produzione e incoraggia gli ebrei a osservare il sabato. Nei mesi successivi, spende tutta la sua fortuna per corrompere i funzionari nazisti e comprare bossoli da altre aziende, poiché fa in modo che i suoi non producano armamenti utilizzabili. Nel 1945 finisce i soldi, proprio con la resa della Germania. In quanto membro del partito nazista, Schindler deve fuggire dall’avanzata dell’Armata Rossa per evitare la cattura ma prima convince le SS a non uccidere gli ebrei nella sua fabbrica, come era sta ordinato loro di fare, e saluta gli operai pronto a dirigersi verso ovest, sperando di arrendersi agli americani. Gli operai gli consegnano una dichiarazione firmata da ognuno di loro, che attesta il suo ruolo nel salvare vite ebraiche e un anello con su incisa una citazione del Tallmud: “Chi salva una vita salva il mondo intero”.
L’epilogo rivela che Göth fu dichiarato colpevole di crimini contro l’umanità e ucciso tramite impiccagione. Nell’ultima scena, a colori, molti degli Schindlerjuden sopravvissuti e gli attori che li interpretano visitano la tomba di Schindler, deponendo pietre sulla sua lapide. Alla fine della processione, si vedono le mani di Liam Neeson (e non di Spielberg come molti erroneamente credono) deporre due rose.
Quest’ultima scena è stata fortemente voluta da Spielberg, per chiarire che tutto quello che viene raccontato nel film è accaduto realmente.
Le location di Schindler’s List a Cracovia
Seguendo le orme dei personaggi del film girato a Cracovia, vale la pena visitare tutti i luoghi significativi che ne hanno fatto da sfondo. Grazie a KrakowBooking.com è possibile prenotare le visite ai luoghi del film e molte altre escursioni a Cracovia.
Il tour è fattibile anche a piedi – con le specifiche che spiego sotto – in mezza giornata: lungo poco più di 3 km, richiede circa 2 ore, visite all’interno dei luoghi incluse. Qui vi lascio una mappa completa dell’itinerario, diviso in 5 tappe:
Ho organizzato l’itinerario nel modo più lineare possibile, iniziando nel luogo in cui è stato ricostruito il campo di concentramento di Plaszów, per terminare nella Piazza degli Eroi del Ghetto.
Perché ho detto 3 km e 5 tappe se sulla mappa appaiono 6 tappe e 5 km? Perché la prima tappa in realtà la inserisco solo per conoscenza, ma è una location fondamentale del film: si tratta di una vecchia cava in disuso ai piedi del Tumulo di Krakus (conoscete questa particolarità di Cracovia?), la Kamieniolom Libana (Liban Quarry), che Spielberg decise di utilizzare per la ricostruzione della replica del campo di concentramento di Płaszów. Si tratta di un’area chiusa, non turistica, in cui è vietato accedere, essendo anche pericoloso. Il Campo originale si trova nei pressi (a destra della mappa, sulla collina Krzemionki) ma la produzione decise di non utilizzarlo per rispetto alle vittime. É stato però copiato fedelmente con tutte le 34 baracche, le sette torri di guardia e la strada lastricata. Vicino fu ricostruita anche la casa di Amon Göth, a meno di un miglio dalla struttura originale che si trova al 22 di Ul. Heltmana e che durante la guerra veniva definita “La Casa Rossa”.
Il vero e proprio tour inizia quindi dalla Fabbrica di Schindler’s, in via Lipowa 4, punto focale della storia. Fu fondata col nome di REKORD nel 1937 da imprenditori ebrei, ai quali fu confiscata nel 1939, finendo nelle mani di Oskar Schindler che l’acquistò ad un prezzo bassissimo. Divenne un museo soltanto nel 2010 e ospita, all’interno degli ex uffici amministrativi della fabbrica, la mostra permanente “Cracovia durante l’occupazione, 1939-1945”, che racconta la vita quotidiana della città e del Ghetto durante l’occupazione nazista e la Seconda Guerra Mondiale. All’interno della mostra un’intera sezione è dedicata alla storia di Schindler e le persone che ha salvato.
Un dato spaventoso dell’epoca? Nel 1939, Cracovia contava 68000 persone nella comunità giudaica. 65000 furono vittime del genocidio nazista.
La visita è consigliabile sopra i 14 anni.
Dopo la visita alla fabbrica, si attraversa il fiume Vistola per arrivare nel vecchio quartiere ebraico, Kazimierz, dove Spielberg ha scelto di girare la maggior parte delle scene.
Questa è la zona in cui gli ebrei vivevano prima del 3 marzo 1941, giorno in cui i nazisti istituirono, per “motivi sanitari e di ordine pubblico”, un ghetto in cui tutti gli ebrei avrebbero dovuto trasferirsi entro il 20 dello stesso mese: era Podgorze, la zona al di là del Vistola, che vedremo nelle tappe successive.
A nord della zona si trova l’appartamento di Oskar Schindler, in via Straszewskiego 7, il vero palazzo in cui ha vissuto l’imprenditore (viveva al terzo piano), usato anche per le riprese del film. Vicino si trova Via Ciemna, la strada in cui, nel film, Poldek Pfefferberg si imbatte in Amon Göth e si salva dalla morte dichiarando di aver avuto l’ordine di sgomberare la strada.
La via principale usata per le riprese è Via Szeroka, che nel film fungeva da Piazza Zgody, scenario della maggioranza delle scene all’aperto nel ghetto. In questa via si trova anche la Sinagoga Remuh, la più piccola delle sette sinagoghe di Cracovia (fino al 1939 ne contava venti), che ospita anche il vecchio cimitero ebraico. Costruita nel 1553 – la data non è sicura, perché il permesso di Re Sigismondo II per la costruzione arrivò solo nel 1556 ed è strano possa essere stata costruita prima di avere il permesso – durante l’Olocausto venne sequestrata dai nazisti, spogliata dei suoi oggetti cerimoniali e preziosi, e usata come deposito, usando le lapidi per lastricare le strade dei campi di concentramento.
Cercate poi Via Jozefa 12 (la casa della Signora Dresner, una delle scene più toccanti del film) e Via Beera Meiselsa, i cortili interni usati per le scene dello sfollamento del ghetto.
Per passare al quartiere di Podgorze, bisogna attraversare Ponte Marszałka Józefa Piłsudskiego. Nell’esodo del 1941, quando i nazisti costrinsero gli ebrei a cambiare zona per rinchiuderli nel ghetto, dovettero attraversare due ponti per oltrepassare il fiume Vistola. Il primo si chiamava Krakus e fu distrutto durante la guerra, poi sostituito dal più moderno ponte Powstancow Slaskich. Il secondo è proprio il ponte Piłsudskiego costruito nel 1933 e gravemente danneggiato dai tedeschi durante la ritirata, fu poi restaurato nel 1948. La troupe del film riuscì ad ottonere il permesso per girare sul ponte, bloccando temporaneamente il traffico automobilistico e pedonale, potendo così ricreare le scende dell’esodo di massa degli ebrei. All’epoca però erano già stati costruiti molti edifici moderni nel quartiere di Kazimierz, quindi dovettero invertire la prospettiva e le riprese sono fatte da Podgorze verso Kazimierz.
Attraversato il ponte si raggiunge la zona di Podgorze, dove si trovava il vero Ghetto, creato dal regime nazista il 3 marzo 1941. É qui che sono avvenuti realmente i fatti raccontati nel film. Uno dei luoghi più significativi della zona è la “Farmacia sotto l’Aquila” (Apteka pod Orlem) oggi trasformata in un museo.
Nel 1941, quando venne istituito il ghetto, proprietario della farmacia era Tadeusz Pankiewicz, che l’aveva ereditata dal padre. Trovandosi affacciata proprio su Plac Zgody – oggi Piazza Eroi del Ghetto – i nazisti provarono a farlo chiudere ma lui riuscì a restare aperto usando una ragione più che convincente: raccontò alle SS che ok una farmacia sarebbe stata utile in caso fosse scoppiata un’epidemia. Così restò aperta 24 ore su 24 e accolse riunioni clandestine, funzionò come punto di contatto, luogo di riparo e come spaccio di viveri, medicine e documenti falsi. Tadeusz fu testimone dei momenti più sanguinosi del ghetto: gli sfollamenti e la liquidazione di marzo 1943, quando tutti gli abitanti rimasti furono raccolti nella piazza di fronte a schiere di SS e la Gestapo, che divideva le persone tra abili al lavoro, spediti al campo di Płaszów, e inabili: 1500 persone che vennero fucilate sul posto tra anziani, malati, bambini e le madri che non li vollero abbandonare, medici che decisero di restare e vegliare sulle vittime. Pankiewicz scrisse un libro intitolato “La farmacia del ghetto di Cracovia” che oggi è alla base della mostra ospitata dalla Farmacia.
Ultima tappa del tour è proprio Piazza Eroi del Ghetto (Plac Bohateròw Getta), in ricordo degli ebrei che persero la vita. Sono state installate qui 68 sedie, a ricordare i 68mila ebrei che vivevano nel ghetto, e i loro oggetti personali che durante la liquidazione vennero abbandonati o distrutti sulla piazza.
A 10 minuti a piedi dalla piazza, si trova via Limanowskiego 62, vicino a uno dei resti del muro del ghetto. Salendo da qui su per la collina, seguendo uno scomodo sentiero, troverete il luogo da cui Oskar e la sua segretaria/amante assistono alla liquidazione del ghetto (tra cui vedono la bambina col cappotto rosso). Il luogo esatto in cui si trovano loro è oggi ricoperto dalla vegetazione e difficile da raggiungere, probabilmente non vale la pena avventurarsi ma volevo segnarlo lo stesso.
Location di Schindler’s List a Cracovia: tappe bonus
Spostandovi verso la Città Vecchia, visitate la Basilica di Santa Maria (Bazylika Mariacka) dove, nelle prime scene del film, Oskar incontra gli operatori ebrei del mercato nero, tra cui Pfefferberg. Ricordate che all’interno è vietato scattare fotografie.
Spostandovi un po’ da Cracovia invece, raggiungete il Campo di Concentramento di Auschwitz-Birkenau. A Spielberg è stato permesso solo di riprendere all’esterno del campo, non all’interno, così per gli interni ha usato la stessa cava in cui ha riprodotto il campo di Płaszów. I fatti realmente accaduti nella storia però si sono svolti qui, ed è difficile capirli fino in fondo, rendersi conto dell’orrore, se non si visita Auschwitz. Una visita dovuta alla Memoria, alla storia, alla coscienza.