Visitando un luogo vi è mai capitato di chiedervi come si viveva lì un tempo, come affrontavano la vita e cosa facevano secoli fa? E se poteste trovare le risposte vivendole? Cosa ci sarebbe da fare di più insolito ad Aosta?
Basta aspettare una notte buia e senza luna…
Cala la notte e si aprono le porte invisibili. Il mondo cambia e ci si ritrova in un’altra epoca: una lanterna tra le mani e solo i nostri piedi per andare avanti. 1940, 1850, 1710, 1450: sono queste le epoche che si rivivono grazie a quelle porte invisibili.

Cosa fare di insolito ad Aosta: la Nuit des Temps
Prima cosa: dove siamo?
Siamo a Introd, il paese in cui inizia il Parco Nazionale del Gran Paradiso. Un paese dove si parla ancora oggi il patois (insieme alle lingue ufficiali della Regione, italiano e francese), un dialetto franco provenzale, e il cui nome deriva da “Interaquas”, o “entre les eaux” in francese, tra le acque, nome che descrive la suggestiva posizione del paese che si trova tra la Dora di Rhêmes e il torrente Savara, i corsi d’acqua che solcano rispettivamente la Val di Rhêmes e quella di Valsavarenche.
É proprio qui ad Introd che in rare notti speciali si aprono queste porte invisibili sul tempo, notti che vengono chiamate nuits des temps.
Sono un modo unico per scoprire tradizione e cultura di questi territori, le sue leggende e le radici delle tradizioni alimentari.
immaginate di trovarvi al buio completo, con solo le stelle a fare luce, per qualche istante. Fate un passo, due, e d’improvviso si accendo le luci delle lanterne e vi ritrovate così a cento anni fa, con un uomo in abiti tradizionale che vi saluta, si presenta e diventa la vostra guida.
Ed inizia così il percorso che si snoda tra i vicoli, le case e le strade del paese, dove nulla parla se non il tempo, dove vedete passare carretti trainati da asini, le donne che tornano dal lavaggio dei panni alla fontana… mentre gli unici suoni sono i vostri passi, le voci della gente e lo scorrere dei fiumi e delle cascate.

In questa atmosfera magica vi ritroverete a scoprire le tradizioni, soprattutto legate alla produzione del cibo, della montagna e della Valle d’Aosta. Tradizioni legate ad un territorio non coltivabile tutto l’anno a causa della neve e delle gelate e che da sempre ha impegnato l’uomo a trovare metodi alternativi per la conservazione e la produzione del cibo in ogni stagione. Come? Tramite salatura, essiccazione, l’affumicatura, il freddo stesso. Cibo che veniva prodotto in condizioni particolare, in tempi in cui uomini e animali vivevano sotto lo stesso tetto.
Un viaggio che inizia e finisce con un assaggio dei prodotti tipici (e non poteva essere diversamente), come affettati e la famosa polenta concia… considerate che a me la polenta non piaceva… mi correggo, credevo non mi piacesse. Ora posso dire che non avevo mai mangiato la polenta prima di provarla qui in Valle d’Aosta, e infatti mi sbagliavo: mi piace eccome (sempre col sugo però)!
Non dimentichiamoci poi il Seras, formaggio tipico e storico che nasce dopo la produzione di Fontina e toma, con il latte intero. Un formaggio pregiato, tanto che veniva prodotto già nel 1268 ma solo per le famiglie nobili. Assomiglia alla ricotta, nella forma e nel sapore, ma è leggermente più corposo.
Si scopre anche il burro chiarificato, il Beuro Colò, che viene realizzato portando ad ebollizione il burro, per poi procedere con la schiumatura continuando a scaldarlo a fuoco lento.


Si narrano storie e leggende, si incontrano personaggi che hanno tessuto le storie e la vita del luogo, come Silvie che racconta la sua dura vita di mamma e contadina, tra figli, campi, animali e sveglie all’alba. O Diego che intagliava l’ardesia per i tetti, o i fornai che cuocevano il pane una sola volta l’anno, Giorgio detto il matto, la misteriosa donna vestita di stracci… finché ecco che si passa un’altra porta e ci si ritrova nel medioevo, in una chiesa in cui regna il silenzio della notte e il buio rischiarato solo dalle candele. Niente lanterne qui, bisogna lasciarsi avvolgere dall’atmosfera, da quel salto indietro nel tempo che riporta a tempi bui.
Solo nel castello si rivedrà la luce, qui dove si conclude questo viaggio nel tempo tra dame e cavalieri, battaglie e popolo. Ma anche il periodo che vide nascere la famosa Fontina (1477), che finiva sempre sulle tavole nobiliari.


Una notte davvero speciale ed imperdibile, un modo nuovo e diverso per conoscere un luogo e le sue tradizioni.
In un di quei modi che non si dimenticano più, perché è prima di tutto esperienza. E le esperienze, soprattutto quelle belle, non si dimenticano mai.
