Ciò di cui eravamo a conoscenza entrambi era la gita alle Cascate delle Marmore. Ciò che sapevo solo io, era la discesa in rafting sul fiume Corno che ci attendeva il giorno successivo.
Le perplessità che avevo erano molte, era la prima volta che provavo un’attività “estrema”, ed i soliti dubbi, le solite paure, si affacciavano nella mia mente: sarà pericoloso? Se ci facciamo male? Se qualcosa va storto? Come ogni volta la voglia di avventura e la curiosità hanno prevalso.
Una volta arrivati, abbiamo visitato il parco delle Cascate delle Marmore, passato la serata a Cascia per la festa di Santa Rita e trovato un campeggio nei dintorni dove poter passare la notte.
Ed arriva la fatidica mattina.Più ci avvicinavamo a Serravalle di Norcia, più il cuore mi saliva in gola.
La sorpresa c’è stata quando, dopo aver parcheggiato, scendiamo dalla macchina e ci ritroviamo sotto lo striscione “Rafting Umbria”.
Una ragazza accoglie noi e un’altra coppia, facendo un breve briefing su ciò che avremmo fatto. Io ormai ero nel panico… il momento peggiore c’è sempre quando ti fanno firmare i fogli per l’assicurazione, dove leggi l’elenco di ciò che potrebbe accaderti e per quei pochi attimi vieni invaso dalla sicurezza che qualcosa di quello che hai letto ti accadrà. Una sorta di ipocondria dell’avventura.
L’ansia svanisce quando entriamo nel tendone per indossare le mute e i caschi. O meglio, l’ansia resta, ma si nasconde dietro le risate: mi sentivo veramente ridicola con quella tutina blu addosso e il casco giallo in testa!
Finalmente arriva l’ora. Osservo il canotto giallo avvicinarsi, trascinato dalle due guide, una esperta e l’altra alle prime armi, che ci avrebbero accompagnato lungo il percorso. Decido di fidarmi, che hanno una faccia che merita fiducia.
Succede sempre, no? L’impressione a pelle ha sempre il suo effetto. Per fortuna fu positiva, o chissà cosa avrei fatto…
La guida esperta ci spiega che il percorso si dividerà in due parti: la prima, più tranquilla e paesaggistica, per prendere confidenza con i comandi e la coordinazione, e la seconda, quella più avventurosa, quella delle rapide. Volendo ci si può fermare alla prima parte, ma che rafting è senza rapide?
Una lezione teorica di circa mezz’ora, corredata da prove tecniche, e finalmente arriva il momento di entrare in acqua.
Il primo tratto è, secondo me, il più bello in assoluto. Si passa tra gole meravigliose accompagnati soltanto dal rumore dell’acqua, in mezzo ad una folta vegetazione, dove l’acqua è cristallina e l’aria colma degli odori buoni che solo la natura incontaminata può regalare.
La prima tappa di questo tratto è la fonte: il gommone si ferma per farci scendere e guadiamo il fiume fino all’altra sponda, dove da una parete rocciosa che forma le gole del Corno, esce della freschissima acqua potabile, che si può bere direttamente dalle rocce… un’esperienza a stretto contatto con la natura, che sicuramente non si può vivere ovunque. L’acqua più fresca che abbia mai bevuto, e solo il fatto di berla così, direttamente dalla roccia, nelle gole dell’Umbria, immersi nell’acqua fredda fino alla vita, in un fiume che si sta per trasformare in una grande sfida, è un’emozione che vale l’intera esperienza.
Ad un tratto, la guida ci fa fermare e decidere se continuare con il secondo tratto o no. Il cuore a mille, ma come si fa a dire di no? Si va, siamo lì per quello!
La seconda parte inizia con un salto di 3 metri, dove ci si ritrova col gommone in verticale, che punta dritto nel fiume di sotto e i suoi piccoli sassi, mentre l’acqua annebbia la vista. Una manciata di secondi emozionantissima! Subito dopo, ci fanno scendere dal gommone per trascinarlo lungo qualche metro, poiché in quel punto si trova un allevamento di trote e l’acqua è troppo bassa per continuare galleggiando sulla nostra canoa di gomma.
Poco dopo iniziano le prime rapide, piccole e non troppo spaventose. Il vero spavento arriva poco dopo: la guida ci fa fermare, ci mostra un costone alto circa tre metri e ci dice di salire lassù e tuffarci, a pochi centimetri di distanza dalle rapide. Io sbianco, guardo la guida, il costone, la rapida, almeno un paio di volte. Restiamo a vedere l’altra coppia all’opera, che sembra sopravvivere senza problemi. Poi arriva il nostro turno. Ormai avevo il cuore in gola, e resto ferma sull’orlo della roccia a guardare le rapide per qualche minuto abbondante. Alla fine, un bel respiro, occhi chiusi, e via, il lancio… riesco ad evitare le rapide, anche se la corrente trascina qualche metro più giù ancora prima di riuscire a mettere la testa fuori dall’acqua… ma è bellissimo!
Così perdiamo una buona mezz’ora a tuffarci e rituffarci, ma alla fine è il momento di risalire sul gommone, per affrontare l’ultimo tratto, il più difficile, fatto solo di rapide. La guida esperta qui passa il comando all’altra, per vederla all’opera. Passano le prime rapide, ma ad un tratto ci accorgiamo di non poter evitare una roccia che sporge appena dall’acqua, perché la guida non ci aveva dato le indicazioni più adatte. La prendiamo in pieno, ci fermiamo su di essa pochi secondi, ma la guida seduta dietro, scivola verso destra, spostando l’equilibrio del gruppo e facendoci cappottare in acqua.
Veniamo trascinati dalla corrente per qualche metro, io prendo una bella botta alla caviglia che inizia a farmi male, mentre lui ha la sfortuna di finire sotto il gommone rovesciato e scivolare senza vedere nulla. Attimi di paura, io vengo afferrata al volo dagli altri due ragazzi che erano riusciti ad attaccarsi ad una roccia, e lui da solo riesce a capire che deve fermarsi aspettare che il gommone gli passi sopra scivolando via e poi uscire fuori dall’acqua con la testa, aggrappandosi alla prima roccia che incontra.
In pochi secondi si risolve tutto, riusciamo lentamente ad uscire dall’acqua, e per fortuna scopriamo di esserci cappottati poco prima dell’ultima rapida, quindi una volta fuori dall’acqua salendo su troviamo il camioncino che doveva riportarci all’inizio bell’e pronto.
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