“Abbiamo programmi per sabato?”“No…” risposi, dopo averci pensato un po’ su.“Mh… bene, allora adesso li abbiamo.”“Che facciamo?” chiesi, con lo sguardo già pieno d’entusiasmo.“Sorpresa!”
L’unica cosa che sapevo quando suonò la sveglia alle 7.30 era che ci aspettava un viaggio di circa due ore verso nord. Mentre mi vestivo, a quell’idea un pensiero mi illuminò, così presi il telefono e lo chiamai, per metterlo al corrente della mia idea.
L’esperienza con Toscana Quad
Non mi scoraggiai però, e sorrisi quando il ragazzo che ci venne ad accogliere, il proprietario di Toscana Quad, ci guardò leggermente sconcertato, notando il nostro abbigliamento fin troppo casual per un’esperienza simile. Dopo qualche scambio di cordialità però, già parlavamo come ci conoscessimo da tempo tutti e tre. Lui si chiama Alberico e fa questo lavoro, che ama, a tempo pieno tutto l’anno. E’ un toscano simpaticissimo, alla mano, sulla trentina. Con parole semplici ci spiegò le basi del quad e del suo funzionamento. Ci consegnò anche un paio di guanti a testa, e non smetterò mai di ringraziarlo per questo, perchè grazie a quelli ci salvammo le mani dal congelamento.
Nunzio, per potermi fare questa sorpresa, aveva deciso di sfruttare uno degli Smartbox ricevuti a Natale, il quale dava diritto ad un solo quad a testa. La cosa non mi dispiaceva affatto, il cielo grigio prometteva pioggia e avrei evitato volentieri di rischiare di rimanere impantanata nel fango. Insomma, mollai volentieri a lui la responsabilità, che ne fu felice. In fondo poi il regalo era il suo, non gli avrei mai negato l’esperienza completa.
E così partimmo, Alberico davanti e noi in coda.
Mi piaceva stare là sopra, chiudevo gli occhi ed immaginavo di essere una zavorrina sull’Harley… anche se, si sa, preferirei averne una mia di Harley. Ma in quel momento, stretta a lui mentre il vento freddo ci sferzava il viso, mi sentivo protetta, libera.
I guai arrivarono quando uscimmo fuori strada, per battere le vere piste da quad. Ancora oggi mi chiedo come lui abbia fatto a sopportarmi e a non lanciarmi via approfittando di qualche buca o scossone. Ero un continuo di “Rallenta, fermati, piano, non girare così, frena…” Ero nel panico, mi sembrava ci saremmo cappottati da un momento all’altro, mentre lui rideva e, più di me, godeva di quelle strade e quelle sensazioni, un pizzico adrenaliniche. Un paio di volte me la sono davvero vista brutta, in una delle quali si era impantanato perfino Alberico… e pensai “Se anche lui si è bloccato, come facciamo a passare noi che siamo inesperti?” Fortunatamente guidava Nunzio, che non si lasciò prendere dal panico, ma seguì con attenzione le istruzioni di Alberico e riuscimmo ad uscire indenni… un po’ meno i nostri abiti e le nostre scarpe, pieni dei segni di fango erba, tracce delle strade appena fatte.
Anche gli intoppi però resero splendida l’escursione… ciò che rende bella e indimenticabile ogni avventura in quad ad Arezzo: l’emozione dell’ignoto, la sensazione di pericolo, l’adrenalina, il godimento puro di quando tutto è passato ed è andato bene, le emozioni vive e vere.
Rientrammo in sede sporchi e soddisfatti, ed Alberico ci consigliò un ristorante dove pranzare e riprenderci della fatica: L’Osteria dei Vignaroli. Ci illustrò anche il menù: antipasto tipico toscano, pappardelle al cinghiale, dolce toscano, il tutto accompagnato da una bottiglia di Chianti. Io e Nunzio ci guardammo e nei nostri sguardi si leggeva chiaramente che, dopo un elenco simile, la risposta non poteva che essere si. Sorridendo, forse perchè se lo aspettava, Alberico ci fece strada anche fino al ristorante, dove si fermò a mangiare anche lui con altre persone che conosceva.
Fu un pranzo ottimo, assaggiammo anche il ragù di fegatini, noi che il fegato non lo abbiamo mai sopportato, e lo trovammo incredibilmente buono, spalmato su quelle fettine di pane arrostito…
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