“Prima di Elvis il mondo era in bianco e nero. Poi è arrivato… ed ecco un grandioso technicolor.”
Keith Richards
Memphis e Elvis sono un duo inscindibile, non si può nominare la città senza pensare al Re e alla sua voce. Qui lui è cresciuto, è nato come cantante e ha vissuto fino alla fine nella sua Graceland.
Visitare i luoghi di Elvis a Memphis significa rendere un vero e proprio omaggio al cantante, scoprire pienamente la sua storia, capire meglio la sua vita e la sua immagine, immergersi in quell’aura magica che solo lui aveva e mai nessun altro avrà.
La storia di questo duo è raccontata in maniera coinvolgente dal biopic “Elvis” con Austin Butler e Tom Hanks, un film che racconta la vita e la carriera – dramattizzate per esigenze di spettacolo – di The King, in cui Memphis ha un ruolo rilevante, essendo la città in cui è cresciuto e che ha influenzato i gusti, le passioni e anche le capacità del cantante. Cosa sarebbe stato Elvis senza Beale Street, senza l’avvicinamento alla musica Soul e Blues? Senza i Sun Studio e il Club Handy? Senza l’influenza di B. B. King e l’amicizia che aveva con la Black Community? Per fortuna, non lo sapremo mai.
Secondo solo a Bohemian Rhapsody per incassi, on le sue 8 nomination agli Oscar (Miglior Film, Miglior Attore Protagonista, Miglior Fotografia, Miglior Scenografia, Migliori Costumi, Miglior Montaggio, Miglior Suono e Miglior trucco), 1 Golden Globe vinto da Butler come Miglior Attore in un film drammatico, 4 BAFTA vinti (Miglior Casting, Attore, Costumi e Trucco), 1 Critics Choice Awards come Miglior Trucco, 1 Costume and Designers Guild Award come Miglior Film Ambientato nel Passato, l’inserimento come Film dell’Anno 2023 dell’American Film Institute e le altre 22 nomination in vari premi, ‘Elvis’ è considerato il miglior film girato in pandemia. É stato proprio a causa di questo dettaglio – la pandemia di COVID-19 – se il film non è stato girato direttamente a Memphis ma all’interno degli Studios della Gold Coast Australiana, dove la città è stata ricostruita. Per questo parlo di luoghi reali: vi racconto un itinerario per scoprire i luoghi di Elvis a Memphis, quella vera.
Itinerario alla scoperta dei luoghi di Elvis a Memphis: un giorno nella storia del Re del Rock’n’Roll
Memphis si trova in Tennessee, nel Deep South, sul fiume Mississippi, all’angolo tra il confine con l’Arkansas e lo Stato del Mississippi. E’ la città del Blues, del barbeque, quella in cui è nato il Rock’n’Roll e dove la lotta ai Diritti Civili ha compiuto passi fondamentali. E tutto questo era in pieno sviluppo negli anni di Elvis. Memphis era una città pulsante di musica e di voglia di libertà, caratteristiche che hanno trovato un perfetto rifugio nell’anima del Re del Rock, che le ha fatte sue e ha vissuto diffondendole intorno a sé con la sua voce, la sua ribellione, il suo modo di muoversi. Visitare Memphis per noi è stato un po’ come ritrovare quell’anima.
L’itinerario sui luoghi di Elvis a Memphis può essere fatto in un solo giorno, avendo il tempo di visitare e assaporare – con tutti i sensi – ogni posto con la calma necessaria.
Ci tengo però a precisare che Memphis ha moltissime altre cose da vedere, quindi un solo giorno non è assolutamente sufficiente per visitare la città. Considerate minimo tre, magari inserendola in un bell’itinerario on the road.
I luoghi di Elvis a Memphis: Graceland
L’itinerario non può che iniziare dalla sua casa – dichiarata National Historic Landmark nel 2006 – il luogo che nel film rappresenta l’ascesa di Elvis dalla povertà (anche nella realtà fu il suo primo investimento, acquistato con i primi centomila dollari guadagnati dalla vendita dei dischi) e il suo attaccamento alla famiglia.
Oggi, la vera Graceland – la seconda residenza privata più visitata degli Stati Uniti, superata solo dalla Casa Bianca – è un museo che custodisce tutto ciò che faceva di Elvis, Elvis: abiti, gioielli, fotografie, la collezione di auto e moto, il suo aereo personale a cui aveva dato il nome della figlia e tanto altro. E proprio come quando lui era in vita, l’accesso al piano superiore in cui si trovano le stanze private della famiglia è interdetto ai visitatori. Perché per lui la privacy era importante, per questo è imporante entrare qui in punta di piedi, capire che si sta entrando più nella sua figura di uomo privata che in quella pubblica dell’artista. É proprio questa parte a rendere Graceland speciale, nonostante all’ingresso possa dare l’impressione di essere nient’altro che un’immensa operazione commerciale, visto anche il “parco a tema”, se così possiamo chiamarlo, lungo l’Elvis Presley Boulevard, che pullula di negozi, ristoranti, hotel (tra cui il The Guest House at Graceland, di proprietà della famiglia, realizzato – dice Priscilla – su desiderio di Elvis) e quant’altro col nome e l’immagine di Elvis in ogni dove. Probabilmente in parte lo è e non credo che Elvis, visto quanto teneva alla privacy, avrebbe gradito, non a casa sua perlomeno. Personalmente però, la visita alla casa la vedo come un tentativo di voler tramandare l’immagine di Elvis, mantenendo tutto com’era quando ci viveva lui. Il museo e il resto, è un altro discorso.
La visita (qui il link per acquistare i biglietti) si divide in tre aree: la casa, il museo delle auto e delle moto, l’aereo. La casa è la parte più bella e intima, l’unica vera zona che ci racconta chi era davvero Elvis e che termina con un emozionante e commovente passaggio nel Meditation Garden, il giardino in cui si trovano le tombe di Elvis e della sua famiglia.
Vi racconterò l’intera visita più nel dettaglio, intanto alla domanda “Vale la pena visitare Graceland?” rispondo dicendo: “Sì, vale la pena se amate Elvis e ciò che ha rappresentato.”
Sun Studio
Entrare nei Sun Studio, per chi ama il Rock’n’Roll, è un’emozione indescrivibile. Vedere, toccare, respirare il luogo che ha fatto nascere la musica più bella della storia, è commovente. Possiamo dire quello che vogliamo ma per i Sun Studio bastano poche, semplici, parole: è il tempio della musica. Punto.
Nasce nel 1950, al 706 di Union Avenue, in un edificio di mattoni rossi, come Memphis Recording Service. A luglio del 1953, un giovanissimo autotrasportatore parcheggiò fuori da quell’edificio ed entrò per registrare 3 brani, al costo di circa 4 dollari, su un vinile da regalare a sua madre. Marion Keisker, la segretaria dello studio, rimase talmente colpita dalla voce e dal fascino di quel ragazzo che si segnò il suo numero e un anno dopo lo richiamò per un provino alla presenza di Sam Phillips, davanti cui si esibì cantando That’s All Right a modo suo e da quel giorno tutto cambiò, per lui e per la musica. Da quel giorno il mondo scoprì il Rock’n’Roll.
Quel camionista si chiamava Elvis Aaron Presley e nel luglio del 1954, negli studi di registrazione della Sun Records, nacque la leggenda.
Due anni dopo, sempre dentro quegli studi, si tenne per puro caso una jam session di quello che fu definito il Million Dollar Quarter: Elvis, Johnny Cash, Jerry Lewis e Carl Perkins suonarono e cantarono (proprio sotto la loro foto appesa ora al muro) insieme per un momento indimenticabile che entrò nella storia della musica. Accadde il 4 dicembre 1956: Carl Perkins, che aveva ottenuto un recente successo con “Blue Suede Shoes”, era presente con la sua band per registrare del nuovo materiale. Sam Phillips chiamò a suonare il piano il suo ultimo pupillo Jerry Lee Lewis, all’epoca ancora sconosciuto fuori da Memphis. Nel primo pomeriggio il ventunenne Elvis Presley venne a far visita alla sua vecchia etichetta e lui e Johnny Cash riascoltarono le registrazioni e decisero di unirsi per una jam session improvvisata. Jack Clement, il tecnico del suono dell’epoca, pensò che sarebbe stato negligente a non registrare la performance, quindi si mise al lavoro. Nel 1969 Shelby Singleton acquistò i Sun Studios e scoprì la registrazione tra 10.000 ore di nastro. Da allora è stata pubblicata più volte con nomi diversi, ma la versione più completa è stata prodotta dalla RCA nel 2006 come speciale per il 50° anniversario.
Proprio nella sala dove suonò il quartetto, si può tenere in mano uno dei microfoni dello studio, lo stesso con cui – non è dato per certo, ma è bello pensarlo – cantò anche Elvis.
Consiglio di seguire la visita guidata, che dura circa 45 minuti, e fa scoprire storie e aneddoti sulla storia della Sun Records, gli artisti che ne hanno fatto parte e il periodo storico – dal 1950 al 1960 – che l’ha vista come protagonista nel panorama della musica.
Russwood Park
Lo stadio di baseball che ospitò una delle prime – e più ribelli – esibizioni di Elvis, purtroppo oggi non è più visitabile: fu completamente distrutto da un incendio il 17 aprile 1960.
Qui, il 4 luglio 1956, Elvis si esibì insieme ad altri artisti per un concerto di beneficienza. Nel momento in cui lui salì sul palco, i fan andarono in visibilio e assalirono il palco nella speranza di poterlo toccare, vederlo da vicino, avere una stretta di mano da lui. Elvis, con gentilezza, li pregò di tornare al loro posto per far continuare lo spettacolo e permettere anche a chi stava in fondo di vedere bene. Quando tornò la calma – più o meno – Elvis urlò al suo pubblicò che avrebbe mostrato chi è il vero Elvis e lo spettacolo ebbe inizio. Cantò “Heartbreak Hotel”, “I want You, I Need You, I Love You”, “Blue Suede Shoes”, “Long Tall Sally” e “Hound Dog” tra le altre.
Grazie a lui, furono raccolti per la causa ben 13.500 dollari. Ed erano passati neanche due anni dalla sua prima registrazione al Sun Studio.
Oggi non rimane che una targa in memoria dello stadio, al 914 di Madison Avenue. Vi metto però il video della comparazione tra l’esibizione nel film e quella reale, così da poter almeno immaginare di essere lì.
(Piccola nota: nel concerto vero, Elvis non cantò Trouble, canzone che venne scritta solo due anni dopo come colonna sonora del film “La Via del Male”. L’audio del video è quello del film, ma il modo in cui Austin Butler imita Elvis secondo me è eccezionale. L’attore ha vissuto a “pane ed Elvis” per due anni per interpretarlo al meglio.)
Beale Street
Profumo di BBQ (un’altra delle cose che rende Memphis famosa), musica dal vivo, insegne al neon colorate ovunque si posa lo sguardo: siamo a Beale Street, cuore pulsante e simbolo della città e luogo di nascita della musica Blues ma anche del Jazz, del ragtime e del barrelhouse.
Fu qui che W. C. Handy nel 1909 scrisse la prima canzone Blues, Mr. Crump, e più tardi quella che diede il nome alla via: Beale Street Blues (prima si chiamava Beale Avenue) – ribattezzato oggi come “Memphis Blues” – e fu qui che Elvis conobbe le voci e la musica di Chuck Berry e B. B. King.
Qui infatti si riunivano gli artisti e le voci della comunità afroamericana di Memphis, per improvvisare musiche e canzoni nei locali e lungo la strada.
Una via lunga meno di un chilometro, diventata un’icona degli Stati Uniti proprio grazie al suo panorama musicale.
Alcuni sostengono che lo stesso Elvis si sia esibito qui, in particolare nel Club Handy – che vediamo anche nel film – gestito all’epoca da Ernestine Mitchell, la quale teneva la cucina in funzione a tutte le ore per sfamare i musicisti che la notte venivano ad esibirsi o fare le prove. Al piano superiore del locale si trovavano anche delle stanze in cui i musicisti potevano riposare ed incontrarsi. Le Jam Session che si tenevano la notte al Club Handy erano leggendarie e alcuni – tra cui il jazzista Calvin Newborn – raccontano di aver assistito alle performance di Elvis durante queste jam session.
Tra leggenda e realtà, resta una certezza: Beale Street è uno dei luoghi da non perdere assolutamente negli Stati Uniti, soprattutto se amate la musica. E prendetevi del tempo anche per visitare il piccolo ma interessantissimo Memphis Music Hall of Fame, che si trova proprio a Beale Street, e per mangiare le ribs al B.B. King Blues Club, perché sono le più buone del mondo.
Arcade Restaurant
Questo ristorante non si vede nel film ma era il preferito di Elvis, quindi è assolutamente da inserire in un tour alla scoperta dei suoi luoghi. E’ anche il ristorante più antico di Memphis ancora in funzione, aperto nel 1919, anche se prese l’aspetto attuale dei classici diner solo negli anni ’50.
Elvis si sedeva sempre a mangiare in fondo, davanti allo specchio, così quando vedeva dei fan entrare, se non aveva voglia di fermarsi a parlare con loro, scappava dal retro. Ancora oggi è segnalato il posto in cui stava di solito (anche se non lo pubblicizzano affatto come avrei immaginato), così come il tavolo in cui mangiò J.F. Kennedy e le foto di tutte le star che sono passati ad assaggiare i suoi famosissimi piatti.
Noi abbiamo mangiato benissimo, quindi vi consiglio di provarlo e di provare anche le birre della Beale St. Brewing. Per rimanere in tema, assaggiate la King’s Ransom, la birra dedicata ad Elvis.
Con l’Arcade si conclude l’itinerario alla scoperta dei luoghi di Elvis a Memphis, ma non posso non parlare del luogo in cui è nato: Tupelo, una piccola cittadina del Mississippi, a circa 186 km da Memphis. Oggi la casa in cui è nato è diventata un museo, proprio per preservare il luogo in cui è nata la leggenda. I genitori di Elvis furono costretti a lasciarla per trasferirsi a Memphis, sperando di trovare condizioni economiche migliori… e direi che mai scelta fu più fortunata!
Voglio concludere con un piccolo appunto sul film.
Giudicare il film ‘Elvis’ in base al suo impegno per l’autenticità storica è un errore. Il film vuole soprattutto catturare l’energia del Re, la vitalità delle sue esibizioni. Quasi sempre la trasposizione cinematografica di una biografia o di un libro ha bisogno di apportare dei cambiamenti per esigenze di spettacolo. Tuttavia, per completezza, vorrei segnalare tutte le cose non vere dette nel film e quelle della vita di Elvis che non sono state dette, pur sottolineando che il biopic ha avuto la piena approvazione della famiglia di Elvis, soprattutto da Priscilla e dalla figlia.
La differenza più eclatante con la realtà è che Elvis non licenziò Parker dal palco o che fu effettivamente arrestato due volte… ma sono piccole cose che non cambiano di molto la sua biografia. Le racconto tutte nel podcast che trovate qui sotto: