I Romani, si sa, hanno un gran senso dell’umorismo e lo hanno da sempre, da che fu fondata Roma. L’umorismo è stato per noi anche un’arma di difesa, ai tempi, contro il pugno di ferro del Papa o delle classi dominanti.
Roma ha le statue e le fontane più belle del mondo e tra le tante famose per la loro bellezza ci sono quelle meno conosciute dai turisti ma amatissime dai romani: le statue parlanti di Roma.
Avete mai sentito parlare di Pasquino?
-Povero mutilato dar destino;
come te sei ridotto!-
diceva un cane che passava sotto
ar torso de Pasquino.-Te n’hanno date de sassate in faccia!
Hai perso l’occhi, er naso… e che te resta?
Un avanzo de testa
Su un torso senza gambe e senza braccia!Nun te se vede che la bocca sola
Con una smorfia quasi strafottente…-
Pasquino borbottò: – Segno evidente
Che nun ho detto l’urtima parola!
Trilussa
Ai tempi in cui parlare non era diritto di tutti e i papi governavano con il pugno di ferro, i romani hanno trovato lo stesso un modo per esprimersi: facevano parlare statue e fontane!
Sei erano le statue parlanti di Roma che davano voce al popolo e formavano la Congrega degli Arguti:
– Pasquino: il più importante e famoso, il numero 1, tanto che queste battute sono dette “Pasquinate”. L’origine del suo nome è un mistero ancora oggi, la storia più accreditata racconta di un personaggio famoso per le sue battute satiriche che portava lo stesso nome. Oggi Pasquino si trova nella Piazza a lui dedicaa
Dal 1501, anno in cui fu ritrovato, l’unico periodo in cui rimase in silenzio fu dalla Breccia di Porta Pia (1870) al 1938 quando commentò la pomposità dei preparativi per la visita di Hitler alla Capitale:
Povera Roma mia de travertino
te sei vestita tutta de cartone
pe’ fatte rimira’ da ‘n imbianchino
venuto da padrone!
– Marforio: è la spalla destra di Pasquino. Oggi si trova nei Musei Capitolini e il suo nome deriva, forse, da “Mare in Foro”, poiché venne trovato nel Foro Romano e rappresenta probabilmente l’allegoria di un fiume. É considerata la spalla destra di Pasquino perché in genere le due statue dialogavano tra loro a suon di battute. La più famosa rimasta è questa, fatta ai tempi in cui Napoleone razziava i tesori di Roma:
Marforio: «È vero che i Francesi sono tutti ladri?»
Pasquino: «Tutti no, ma Bona Parte»
– Facchino era l’acquarolo, quello che andava a prendere l’acqua nelle fontane pubbliche e poi la rivendeva a basso prezzo porta a porta. Si trova in Via Lata, sul palazzo De Carolis Simonetti.
– Madama Lucrezia è l’unica rappresentante femminile delle sei statue, che oggi si trova in un angolo di Palazzetto Venezia. Pure rappresentando una sacerdotessa di Iside, deve il proprio nome a Lucrezia d’Alagno, l’amante del Re di Napoli Alfonso V di Aragona, la quale venne costretta dal figlio legittimo di lui a trasferirsi a Roma dopo la morte del Re.
– Abate Luigi è in realtà la statua di un alto magistrato romano, ma non conoscendo il vero nome del personaggio, i romani gli affibiarono lo stesso nome del sagrestano della chiesa più vicina alla statua, la chiesa del Sudario. Le ultime sue parole furono nel 1966, dopo una “decapitazione”:
O tu che m’arubbasti la capoccia
vedi d’ariportalla immantinente
sinnò, vòi véde? come fusse gnente
me manneno ar Governo. E ciò me scoccia.
– Il Babbuino deve il suo nome alla sua bruttezza o, forse, al nome della famosa via in cui si trova. Decora una fontana un tempo usata per abbeverare i cavalli.
Loro erano la voce del popolo, tutti le temevano perché erano l’arma con cui Roma si ribellava con grande senso dell’umorismo all’arroganza di chi la opprimeva.
È su queste statue infatti che venivano appesi cartelli anonimi in cui si faceva satira prendendo di mira il più delle volte proprio il Papa.
Una delle cose più carine – e, diciamolo, un po’ insolite – da fare a Roma è proprio giocare a scovarle tutte tra i vicoli del centro storico, anche perché questa tradizione va avanti ancora oggi ed è facile trovare su queste fontane e statue foglietti con poesie in dialetto e battute irriverenti, più o meno satiriche.
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