La sveglia suona prestissimo durante il cammino del Tratturo Coast to Coast, bisogna partire presto per evitare le ore più assolate.
Ed è per questo che alle 7 del mattino ci ritroviamo già tutti sotto la Quercia di San Luca, pieni di entusiasmo e carichi delle forze che siamo riusciti a riprendere nella sempre troppo breve notte, pronti ad affrontare i circa 20 km che ci porteranno alla seconda tappa del cammino.
Un percorso più breve quello del secondo giorno, anche se più difficile nella prima parte, ma proprio per questo più bello.
Qui si vede la vera avventura, affrontando erba alta oltre il metro e cinquanta, salite ripide, guadi nascosti dall’erba, boschi… e si, lo ammetto, mi sono sentita un po’ hobbit. O meglio, ho assaporato la vera soddisfazione del viaggio a piedi, in uno dei momenti per me più belli di tutto il viaggio.
Dopo aver superato indenni una sorta di piccolo laghetto nascosto nell’erba alta, essere affondata nel fango fino al ginocchio, aver scalato il fianco ripido di una collina nell’erba più alta di noi, si raggiunge un tratto di strada asfaltata. Lì, alla fine della salita, voltandosi indietro, si vede il paese di Motta Montecorvino che ci si è lasciati alle spalle. Un momento quasi da film, una sensazione epica. Pensi tra te e te “L’ho fatto, ce la sto facendo“, e ti senti soddisfatto, ma soprattutto pieno, pieno di vita.
La strada asfaltata si attraversa, per ritrovarsi a passare sotto, e incredibilmente vicino, ad una serie di pale eoliche. Maestose, grandi, tutta la sensazione di potenza di poco prima va a farsi benedire quando si passa là sotto. Siamo abituati a vederle dall’autostrada, a chilometri di distanza, senza mai renderci conto di quanto sono effettivamente immense. In realtà, pensandoci, devono raccogliere la forza del vento, non potrebbe essere altrimenti… ma chi ci pensa mai?
Da qui inizia la lunga passeggiata nel bosco, che porterà alla prima sosta per il pranzo, alla Locanda di Bosco San Cristoforo, dove dopo l’ottimo pranzo a base di formaggio, carne, pane e ciliegie appena raccolte, il gentilissimo e simpatico gestore è disponibile anche per una visita didattica nel bosco, per illustrare con orgoglio la sua flora e la sua fauna.
Il tempo è stato clemente con noi qui, facendoci arrivare miracolosamente in anticipo sulla tabella di marcia, tanto da poterci permettere un rigenerante, meraviglioso, appagante sonnellino post-pranzo. Non aveva importanza dove: panchine, tavolo, sedie, terra… l’importante era sdraiarsi e dormire. Per la prima volta in vita mia non ho nemmeno avuto paura di api e vespe: sdraiata sulla panca di legno, all’ombra degli alberi e con la pancia piena, le sentivo ronzare attorno a me, disturbatrici croniche, ma non aveva importanza: tutto quello che contava era riuscire a dormire, ricaricare le energie per affrontare gli altri 10 km che ci attendevano. Insieme alle api c’erano anche altri compagni: due splendidi cani e una capretta nera, da cui il gestore raccoglieva il latte, preparandolo per la colazione.
Quando ci si riposa il tempo, si sa, vola. Ed è volato anche qui, interrompendo troppo presto la quiete assoluta in cui ci eravamo immersi grazie al sonno, alla stanchezza, e soprattutto alla pace di quella locanda immersa nella natura.
Riprende il cammino, ma stavolta è facile la strada. Una strada asfaltata, semplice, tutte curve, che regala panorami mozzafiato. Ad un tratto, si vive un momento simile a quello descritto nel mattino: il lago che segna il confine col Molise appare tra campi e colline, e sai che lì arriverai il giorno dopo, arriverai e oltrepasserai il tuo primo confine regionale. E’ difficile crederlo, me ne rendo conto, ma veramente si sente un tuffo dentro, si sorride come imbecille, ci si sente fieri di sè stessi.
Ecco, tra i mille motivi per cui ripeterei questo viaggio, il più importante forse è proprio questo: le sensazione che regala, il sentirsi forte, il sapere di avere un obiettivo diverso ogni giorno e riuscire a raggiungerlo. E’ appagante, una spinta suprema all’autostima. Questo è anche il motivo per cui lo consiglierei a tutti. Fa bene allo spirito, all’umore, agli occhi.
Poco dopo si arriva a San Marco la Catola, l’ultimo paese della Puglia del Regio Tratturo. Un borgo fondato da alcuni reduci della sesta crociata, molto più grande di quanto mi aspettassi.
La festa e l’accoglienza ci attende al Convento dell’Ordine dei Frati Cappuccini, che hanno messo la sala a disposizione non solo per la cena, ma anche per la notte… Non so se l’ho detto ma durante il cammino ci sono due alternative: o si dorme nei b&b, alberghi e altre strutture ricettive, oppure ci si porta la tenda (tanto c’è il furgoncino che ci segue, col compito di trasportate tende, zaini, valigie e tutto il superfluo. Che sia benedetto quel furgoncino, ci veniva dietro anche con acqua fresca, frutta, merendine… un punto ristoro al nostro servizio!). Io per questo primo giro, dovendo portare dietro anche pc e fotocamera, ho scelto la prima soluzione, ma dovessi rifarlo opterei senza alcun dubbio per la prima. E’ quello il vero viaggio!
L’accoglienza qui è stato ancora più calorosa di quella della prima sera. Abbiamo mangiato pasta fatta a mano dalle donne del paese, bevuto vino di un produttore locale che è venuto a cena con noi, raccontandoci della sua passione, dei suoi vini, spiegandoci anche tante piccole cose riguardo l’enologia. E poi la festa! Musica, canti e balli nella piazza di fronte il convento fino a tarda notte… non troppo tarda però, perchè il giorno dopo ci aspettava una nuova partenza.
Di San Marco la Catola ricorderò la disponibilità dei suoi abitanti, che ci hanno accompagnato avanti e indietro con l’auto tra la festa e il b&b, prima e dopo cena, che hanno regalato le scarpe a Nunzio che aveva i piedi pieni di vesciche per colpa di scarpe sbagliate, che si sono messi a disposizione col cuore in ogni modo possibile.
Lo stesso paese mi è rimasto impresso, con le sue strade in discesa, i colori chiari, i suoi tramonti…
Qui la prima tappa del viaggio, da Lucera a Motta Montercorvino