Avete mai sentito l’improvviso bisogno di fare qualcosa? Qualcosa che improvvisamente, così, da un minuto all’altro diventa irrinunciabile anche se fino ad un attimo prima non ci pensavate neanche con “l’anticamera del cervello”?
Vi siete mai lasciati andare fino a concedervela, per quanto possa sembrare irrazionale ed impulsivo?
Io si. Era una vigilia di Pasqua, quando ho sentito l’improvvisa e irresistibile esigenza di volare. E così, via, su internet, alla ricerca di un centro specializzato per il paracadutismo… Si, avete capito bene, paracadutismo. Trovo diverse strutture, ma quella più vicina e più abbordabile risultò essere A.S. Crazy Fly, che per 230€ (lo stipendio appena incassato per una settimana di lavoro) mi offriva la possibilità di lanciarmi in tandem con tanto di dvd commemorativo.
Così prenoto per il giorno dopo, il lunedì di Pasquetta.
Parto da Napoli, cd mp3 fatto apposta per l’occasione, alla volta di Nettuno. Per tutto il viaggio l’eccitazione mi accompagna, stimolata dalla compilation Hard Rock che avevo preparato, ma solo alla fine, praticamente a pochi km dal centro mi dico: “Hai capito che stai facendo? Ti stai buttando nel vuoto da 4200 metri, senza paracadute (perchè il paracadute lo ha solo l’istruttore, e tu sei assicurato a lui con dei ganci), tu che se guardi giù dalla finestra del quarto piano ti gira la testa!” Ma lungi dal cambiare idea mi fiondo nella stradina, allora sterrata, che conduce al centro.
Parcheggio l’auto a fianco di una Lamborghini Gallardo, e, entrando, noto subito “l’aeroplanino” in partenza pieno di gente. Premetto che il volo e l’aeronautica sono una mia passione fin da bambino, e che, al mio battesimo del volo su un aereo di linea diretto a Lisbona sono stato tutto il tempo con gli occhi puntati fuori dal finestrino, affascinato, rapito.
Comunque, l’aereo parte, e io vado a fare il check-in dando il mio nome per il prossimo gruppo, l’attesa era di circa un’ora, quindi prendo il lettore mp3, cerco un angolino di verde e mi sdraio al sole: sopra di me, proprio in quell’attimo si aprono una decina di paracadute, che sembrano danzare nell’aria volteggiando come abili tangueros argentini, e che, sulle note di “Hurricane” di Bob Dylan, non potevano che accentuare la mia eccitazione e voglia di lasciarmi andare. Preso dallo spettacolo però, non mi accorgo che il mio nome viene chiamato, quindi perdo il turno. Dopo un po’ mi ripresento alla reception e mi dicono di non preoccuparmi, che sarei salito col gruppo successivo, anche se loro, al contrario di me, erano professionisti e non si lanciavano in tandem ma da soli.
Mi dicono di andarmi a preparare nello spogliatoio, che dovevo indossare una tuta fatta apposta, così lo faccio, e poi mi reco in sala Briefing, passando per l’area merchandising dove compro una maglietta, per me geniale, con il segnale di pericolo con dentro la silohuette di un paracadutista in caduta libera e con sotto scritto: “Pericolo caduta pazzi“.
In sala briefing mi fanno un mini corso sulle sulle posizioni da adottare, sulla caduta libera e i modi per muoversi, cioè muovendo braccia, gambe, e schiena in modo da variare l’incidenza aerodinamica e da spingere il corpo a rallentare, accelerare, o muoversi, sul modo corretto di lanciarsi dalla carlinga e cioè il “fuori, dentro, sinistra” che consiste nel sincronizzarsi con lui facendo un movimento di busto verso l’esterno dell’aereo, poi uno indietro verso l’interno, e poi lanciandosi con una torsione del busto verso sinistra, per evitare che le turbolenze del motore possano interferire. Mi mostrano il segnale che avrebbe fatto l’istruttore prima di aprire il paracadute, al quale io avrei dovuto piegare la testa in avanti finchè il mento non avesse toccato il petto per evitare il colpo di frusta, la posizione all’atterraggio, e mi fanno vedere dei video di gente che si era lanciata prima di me, spiegandomi gli errori più comuni.
Poi conosco il ragazzo-telecamera ossia quello che si sarebbe lanciato insieme a noi con la telecamera sul casco per fare le riprese. Il mio istruttore mi mostra come ripiegare un paracadute, e mi spiega che quei pochi minuti fanno letteralmente la differenza tra la vita e la morte, in quanto basta una piega sbagliata, o una corda arrotolata male a far si che il paracadute non si apra o lo faccia male, con conseguenze più o meno gravi, e mi spiega che, infatti, i paracadutisti si rifiutano di lanciarsi con un paracadute altrui o, peggio ancora, ripiegato da altri.
Arriva il momento di salire sull’aereo, che nel frattempo era atterrato di nuovo, vuoto. Conosco gli altri paracadutisti che con me sarebbero saliti in aereo, ma scesi senza. Mi dicono che con la mia età (non ricordo se 21 o 23 all’epoca) se avessi deciso di prendere il brevetto sarei stato il più giovane paracadutista d’Italia, e un ragazzo di Roma, ma di chiare origini asiatiche, mi confessa che nei miei occhi rivedeva l’emozione dei suoi primi lanci.
Partiamo e quando l’altimetro comunica che ci siamo quasi, io e l’istruttore usciamo per primi, quindi apriamo il portellone e ci mettiamo in posizione: lui seduto sul bordo della carlinga, io appeso come un salame fuori dall’aereo, e il ragazzo-telecamera aggrappato all’ala.
Adesso non posso che dirvi una cosa banalissima, e cioè che il mondo, visto da 4200 metri d’altezza è qualcosa di unico e spettacolare, che da solo vale tutto il costo, sopratutto se soffri di vertigini: da quel preciso istante, infatti, le mie vertigini sono completamente sparite.
Così Dentro, Fuori, Sinistra e mi trovo a piombare nel vuoto a quasi 300 km all’ora, con le guance che vanno per conto loro. Sessanta secondi di caduta libera e poi apertura del paracadute. Cinque minuti di puro godimento, durante i quali scordi il tuo corpo, scordi chi sei, e liberi la tua anima nell’apoteosi del volo.
Chiudo con una citazione che mi sembra più che perfetta:
“My head bathed by the blithe air and uplifted into infinite space,
all mean egotism vanishes.
I become a transparent eyeball, I am nothing, I see all,
the currents of the Universal Being circulate through me,
I am part and parcel of God.”
Ralph Waldo Emerson
“La mia testa immersa nell’aria spensierata e elevata nello spazio infinito,
tutto il mero egotismo svanisce.
divento una pupilla trasparente, sono nulla, vedo tutto,
le correnti dell’Essere Universale circolano attraverso me,
sono parte e particella di Dio.”
Posted by Nunzio del Papa